Senza soluzione di(s) … continuità? Il gap strutturale tra V primaria e I secondaria di 1° grado (media)

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di barbara gambini

 

Senza soluzione di(s) …. continuità?

Il gap strutturale tra V primaria e I sec di 1° grado (media).

 

Nell’a.s. 2015-2016 è stata trasferita all’IC Pirandello di Pesaro, dove insegno lettere alle medie, l’attuale Dirigente, che ha enfatizzato sin dall’inizio la necessità di creare continuità verticale tra gli ordini presenti nel nostro Istituto Comprensivo (infanzia, primaria, media): con questo scopo, diceva, nasce un istituto comprensivo, e solo in quest’ottica ha un senso.

In tutta onestà, inizialmente ero un po’ seccata al sentir reiterare questa richiesta, che mi pareva l’ennesimo onere formale e burocratico in una scuola sempre più gravata dalle scartoffie. Tuttavia, col passare del tempo mi sono resa conto che la Preside aveva ragione, per diversi motivi: per tre anni, noi docenti di lettere siamo seconde mamme/secondi babbi di decine di alunni, ma sappiamo pochissimo del loro passato scolastico, e ancor meno conosciamo i segmenti successivi della loro vita educativa. Inoltre, forse era un’occasione per approfondire le ragioni per cui la scuola media è generalmente la più detestata e criticata, pur avendo docenti formati e reclutati con sistemi analoghi a quelli degli altri due percorsi.

Mi erano già evidenti alcune possibili concause di questa scarsa popolarità: la scuola media è l’unico segmento a durare soltanto tre anni, laddove gli altri ne prevedono cinque. Inoltre, questi tre anni si collocano nella maggioranza dei casi a cavallo di fasi molto delicate dello sviluppo: pubertà e inizio adolescenza.

Prima di passare ad esaminare l’aspetto soggettivo ed emotivo, mi è parso giusto monitorare la discontinuità oggettiva e “quantificabile” tra primaria e media: in altre parole, voti e libri di testo.

Debbo confessare che prima di questa iniziativa non soltanto non avevo idea dei testi della scuola primaria, ma nemmeno di quelli di altre materie della secondaria: esiste infatti nella scuola media un problema intrinseco di mancanza di occasioni per confronti trasversali.

Quanto ai voti, mi aspettavo che nel passaggio fosse fisiologico un certo calo, specialmente in materie tradizionalmente considerate “ostiche”, come la matematica. In effetti, in quasi tutte le materie, almeno per gli aa.ss. considerati (2014-15 e 2015-16), la moda nella nostra scuola è risultata essere uno scarto di -1 voto, seguito non di rado dal gruppo con un -2. Le sole eccezioni erano la lingua inglese, in cui i due gruppi erano invertiti (la moda era -2, seguita da -1), e religione, in cui invece prevaleva il mantenimento dello stesso voto, seguito dal gruppo con + 1.

Quello che più mi ha colpito, tuttavia, è stato osservare che esistevano diverse materie in cui alcuni ragazzi avevano perso 3 voti (per intenderci: dal 9 al 6!), e un singolo caso in matematica in cui lo scarto era stato di ben -4 voti.
Erano quasi inesistenti, tranne che in religione, i casi in cui il voto era aumentato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Poiché, volenti o nolenti, e al di là di tutti i proclami in senso contrario, al voto è legata buona parte della gratificazione scolastica, ho pensato che questi studenti fossero a rischio di calo in motivazione e autostima: ho quindi segnalato ai vari Consigli di Classe gli alunni che di media avevano perso oltre 1 punto, nonché i casi in cui in singole discipline si era avuto uno scarto di -3 o oltre.

Perché, mi sono chiesta, ci si deve aspettare necessariamente di veder calare i propri voti, in taluni casi anche in modo piuttosto drammatico, nel passaggio tra primaria e secondaria? Senza dubbio vige la prassi di tenere inizialmente i voti bassi per non creare aspettative sbilanciate. Inoltre, quasi tutti i docenti si sono formati in scuole ed in epoche in cui generalmente in pagella “non si dava 10”. Anche il 9 nel mio liceo era molto raro. Questo non precludeva però ai più meritevoli il 60 alla maturità: la valutazione finale non era una media matematica dei singoli voti, quanto piuttosto una valutazione complessiva e consuntiva. Così non è più: sin dalla secondaria di I grado all’esame siamo vincolati ad una media matematica dei voti.

Ma ci doveva essere qualcos’altro: qualcosa riguardo alle aspettative dei docenti e alle difficoltà degli alunni. Su questo è stato illuminante l’esame dei libri di testo. Le immagini possono più di mille parole:

 

 

 

 

 

 

 

Nel passaggio di ordine aumenta in modo esorbitante il numero di pagine per ciascuna disciplina (v. immagine), con un proliferare incontrollato di fascicoli, libercoli ecc.: possiamo immaginare che smarrimento anche solo quest’ultimo aspetto crei nei bambini ancora meno autonomi, o più disordinati, dispersivi, smemorati, e di frequente nei DSA e BES. Non solo: le singole pagine sono sempre scritte a caratteri decisamente più piccoli, con netta prevalenza del testo scritto sulle immagini, e soprattutto sintassi e lessico sono molto più complessi. In alcuni casi, le parole utilizzate (es. “facinorosi”) e la presenza di informazioni implicite risultano del tutto inadeguati al target di età (11 anni). E’ comune tra i docenti di matematica, infatti, riscontrare che i ragazzi non capiscono il testo dei problemi.

Proprio riguardo alla disciplina percepita come più difficile (matematica) ed a quella più ostica tra le materie letterarie (storia), vediamo in concreto alcuni esempi.

Il testo di matematica alla primaria contava un totale di 96 pp., compreso l’eserciziario. Vi si trattavano moltissimi argomenti, solitamente con 2 pp. per argomento: tra gli altri, elementi di statistica, percentuale e sconti, geometria dei solidi. Il livello di difficoltà degli esercizi era vario, ma rimaneva sempre piuttosto semplice, soprattutto in geometria (non altrettanto in algebra). Questo, più o meno, il max grado di difficoltà riscontrato in problemi di geometria:

“Un ciclista percorre 25 giri in bicicletta attorno ad una pista circolare il cui diametro misura 12,75 m. Quanti decametri percorre?”

Il testo di matematica della secondaria aveva 888 pagine (OLTRE NOVE VOLTE PIU’ CHE ALLA PRIMARIA!). Il livello medio era inoltre molto più complesso; ecco un problema di geometria scelto a caso:

“In un pentagono l’angolo α è il doppio di β; β è un terzo di γ; γ è più grande di δ di 150°; δ è un quarto di α; Quanto misura ε?”

Quanto a storia, in V il manuale aveva 92 pp. di testo oltre a 24 pp. di attività laboratoriali, per lo più costituite da illustrazioni su cui lavorare. I caratteri erano grandi. Molte pagine avevano una prevalenza di immagini, che erano assai varie (foto, epigrafi, statue, mosaici, basso-e altorilievi, monumenti, paesaggi, ricostruzioni, disegni, carte storiche). Nemmeno una pagina era senza illustrazioni. La sintassi era in prevalenza paratattica o, in alternativa, dominata dalla coordinazione. Le parole tecniche e specifiche erano tutte spiegate nel corpo del testo.

Alla secondaria, il testo più semplice tra i due in uso aveva 369 pp., scritte a carattere notevolmente più piccolo. Almeno 70 pp. non avevano alcuna illustrazione. Tipicamente, le figure erano di ridotte dimensioni, in n. max di 1-2 per pagina, e quasi esclusivamente carte storiche e dipinti o miniature dell’epoca. Pochissime parole erano spiegate in glossari, e spesso le informazioni o le conseguenze dei fatti storici erano lasciate implicite; si veda il passaggio seguente (ricordiamo l’età target: 11-12 anni): “(Il figlio di Carlo Magno), Ludovico il Pio, fu un re debole e impopolare; i figli di lui si combatterono l’un l’altro per l’eredità e le loro discordie resero possibile ai vassalli di rivendicare l’ereditarietà dei feudi stessi. Questa loro vittoria fu sancita nell’877 con il Capitolare di Quierzy”. NON UNO dei miei 48 alunni aveva capito che il Capitolare di Quierzy sanciva l’ereditarietà dei feudi, né perché questo rappresentasse una vittoria così importante per i vassalli.

 

Si noti qui sopra a sx la miniatura sulla peste bubbonica del Trecento: tra le illustrazioni più eccitanti, sia per la morbosità del tema che per il seno nudo femminile.

Anche per la lingua inglese, inaspettatamente quella con record negativo in termini di scarto tra secondaria e primaria, le immagini dei testi sono quanto mai esplicative.

 

 

CONCLUSIONI

Il divario strutturale tra primaria e secondaria si rivela difficile per molti alunni, e devastante per quelli con fragilità cognitive, metodologiche o psicologiche. Nel corso di una delle tante discussioni aperte che tengo con i miei alunni, ho scoperto con sorpresa che sin dalle elementari almeno 6-8 alunni su 48 hanno pensato più volte: “Ma dove andrò io nella vita se a scuola vado così male?”. E con l’arrivo alla secondaria e l’ulteriore trauma, che considerazione avranno di se stessi questi alunni? E a quanti altri capiterà di pensare la stessa cosa?

Per rimediare alle criticità rilevate, il mio IC si è dotato di una Commissione Continuità, ed ha programmato confronti sistematici tra i docenti dei due ordini mirati a uniformare il livello di difficoltà ed i criteri di valutazione delle verifiche tra V primaria e I secondaria. Anche nell’adozione dei nuovi libri di testo diversi docenti si sono impegnati a scegliere nella prospettiva di livellare un po’ meglio mole e complessità dei materiali. E’ continuata l’attenzione già storicamente molto forte verso gli alunni BES, tra cui i DSA: strumenti di screening, difficoltà specifiche, strumenti per normalizzare una didattica inclusiva.

Urgono tuttavia alcune riflessioni: perché si lascia ad ogni singolo Istituto Comprensivo, ed in ultima analisi ai singoli docenti, l’incarico di diminuire il gap strutturale tra i due ordini scolastici, con un margine di manovra assai ridotto e risorse inesistenti (vulgo: di mettere una pezza)? Non spetterebbe forse al Ministero consultare regolarmente la base per registrare questa ed altre incongruenze e porvi rimedio in maniera organica, tra le altre cose con indicazioni alle case editrici su curricula, mole e difficoltà dei materiali?

Molti degli interessanti strumenti didattici proposti per favorire in particolare gli alunni BES (es software Classe 3.i) non risultano applicabili alla secondaria, dove la mole dei materiali è tale da rendere impossibile un lavoro sistematicamente capillare sul testo: piuttosto, la didattica si riduce troppe volte necessariamente a una didattica per semplificazioni e tagli.

I curricola della scuola media, così come sono declinati dalle pubblicazioni in auge, risultano essere bombardamenti di nozioni tramite muri grafici di parole spesso ostiche. I ragazzi più fragili o con difficoltà si difendono dal bombardamento riducendo l’attenzione e così la stanchezza e la frustrazione, e se non opportunamente guidati imparano in base ad un riduzionismo piuttosto casuale che sintetico: non sanno stabilire una gerarchia tra le informazioni, quindi le memorizzano a caso. E’ inoltre comune a tutti gli alunni, troppo spesso, di fronte ad argomenti o passaggi difficili, non porsi l’obiettivo di capire quanto piuttosto di non essere interrogati sull’argomento: non si tratta di debolezza di volontà, ma di nozionismo che schiaccia la voglia di imparare. Non così sembra essere alla primaria, dove sono ancora più vive la curiosità e la volontà di capire.

E’ comune anche tra i più bravi, infine, resettare quasi completamente il cervello dopo un tot di pagine/info/tempo, ed arrivare alla saturazione cognitiva: alla fine dello stesso anno 2015-16, ho proposto alla mia classe di geografia un test a sorpresa sulle competenze. Come quasi sempre con i test a sorpresa, li ho rassicurati che il voto sarebbe stato considerato solo se pari o superiore alla loro media. Avevano l’opzione di fare il test, guardarlo e poi decidere di non affrontarlo, o non guardarlo neppure: soltanto otto su 24 si sono fermati a dare un’occhiata, e solo cinque di loro hanno svolto la prova. Quando, esterrefatta, ho chiesto perché la maggior parte non avesse nemmeno voluto guardare di cosa si trattava e avere la possibilità – perché no – di aumentare il voto senza rischi, mi hanno risposto tutti che “non ne potevano più di essere giudicati”: “Avevano la nausea”: di noi, delle nostre richieste, delle nostre materie. E chi più era stato “efficiente”, più forse aveva contribuito alla loro saturazione e nausea. Parafrasando Jessica Rabbit: “(Noi delle medie) non siamo cattivi: è che ci disegnano così” (se avete presente come funziona oggi l’esame di III media potete capirlo…).

Tante altre sono le assurdità nella scuola: soltanto quando chi legifera e chi pubblica per la scuola si degnerà di consultare sistematicamente chi opera sul campo (docenti, alunni, ATA…), si potrà veramente fare un salto di qualità in positivo e pensare di preparare la scuola …. a preparare cittadini del terzo millennio.